Wednesday, April 30, 2003

dieci anni: uno spazio gi� buono per fare un po' di storia. anche se quello che � successo � ancora alla base del consenso per tutte le forze. ma che cosa � avvenuto �veramente�? rivoluzione, colpo di stato, aria nuova e politica nuova?

Monday, April 28, 2003

arbitrarieta': il linguaggio conserva nella sua natura una profonda doppiezza. perch� "la vita � in due maniere" come dice neruda. e mi ricorda valentina

Sunday, April 27, 2003

noir: (ma si scrive cos�?) 300 persone hanno preso parte a giulino di mezzegra nel comasco, nel luogo in cui il 28 aprile del 1945 vennero fucilati benito mussolini e claretta petacci, alla annuale commemorazione organizzata dal movimento sociale-fiamma e dall'associazione combattenti e reduci della repubblica di sal�. e proprio nelle prime ore di stamani una giovane guardia giurata milanese si � tolto la vita davanti alla croce di villa belmonte, luogo della fucilazione. il suicida proprio domani avrebbe compiuto 29 anni.
giorgiana masi: dopo tanti anni qualcuno si ricorda di quella storia. e forse viene a galla quello che � successo veramente. e invece oggi come siamo messi su situazioni analoghe? me stesso su rr.it (momento di presunzione. mi sono messo in mezzo a gente - quella che linko normalmente - che non vedo nemmeno da lontano. mah... ogni tanto mi capita)

Thursday, April 24, 2003

metamorfosi: un concetto importante. nello studio della storia per esempio, per riuscire ad aggiungere nuovi elementi al tessuto del racconto del passato e per cercare di uscire dal pre-giudizio. oggi gian antonio stella su corriere.

Wednesday, April 23, 2003

frammenti: lasciare un segno. il sogno di ogni megalomane. per me il mio delirio � rimanere con le parole che uso. nel senso: certe volte vedo che qualcuno con cui ho parlato, a un certo punto, senza che me lo aspetto, riusa una parola, o un insieme di parole, che ho usato io. e l� scatta l'orgoglio. pensa te...
ho fatto un guaio: mettere le questioni private a disposizione di tutti pu� essere un buon passatempo quando non c'� la curiosit� di trovare argomenti di discussione interessanti. per� mi sa che provoca conseguenze.

Tuesday, April 22, 2003

parliamo di parole: diceva wittgenstein. oggi carlos fuentes sul corriere si fa domande sulla parola "felicit�". del suo discorso: 1. non mi convince la sua tesi sugli usa (un po' troppo sbrigativa). 2. nemmeno la conclusione. non so se ho capito bene, ma la riscoperta dello spirito tragico non mi sembra l'unica via d'uscita.

Saturday, April 19, 2003

tutta mia la citta': trovo cos� il modo per riflettere. ho riletto un po' della mia corrispondenza via email di questo ultimo mese. mi sono accorto di essere, come si dice a roma, un puzzone. mi pare che me le prendo un po' troppo facilmente con chi mi fa qualche appunto. tra l'altro magari anche serio e utile.

e subito invece mi metto a fare la guerra. risultato: nulla di fatto. le persone che mi interessano mi scivolano via. sar� cos�? boh...

Friday, April 18, 2003

ma su!: dice oggi sofri. Non c�era pensiero ribelle che non si pensasse almeno repubblicano. spazio cattiveria e �sotuttoio�: ma qualcuno ricorda che il vecchio carletto marx definiva la dittatura del popolo una fase transitoria? sofri su il foglio di oggi

Thursday, April 17, 2003

l'ombra: basta poco, poi la senti. uno scambio di battute e ti accorgi che l� � arrivata, di nuovo, l'ombra del gelo. e le cose sono sempre le stesse. le tue idee non mi piacciono. o semplicemente le tue tolleranze. perch� accetti certe cose? perch� non le combatti? perch� non le voglio combattere. per me sono cose che non vanno combattute. casomai criticate. combatto altre cose. pi� impegnative, per me. ma qui ormai stiamo alla voce di gruppo: addosso a chi sbaglia. terribile.
meglio non parlarne: di chi � la colpa? � stata tua - dice lei - a un certo punto mi hai isolata, non mi hai pi� parlato. hai fatto cose terribili. ma no - dico io - � successo il contrario. sei tu che mi hai tolto il saluto eccetera. strascichi. non si � capito quello che � successo. per� meglio non parlarne. analizzare per trovare il colpevole. a me ha fatto bene la pausa. poi si vedr�
cuba: all'universit� non ho avuto grandissimi maestri. almeno, nella mia presunzione � quello che penso io. per esempio ero invaghitissimo di de mauro, poi su un po' di cose ho cambiato idea. in storia ho avuto un allievo di de felice. e come tutti gli allievi, era molto ortodosso e invidioso. per� mi piaceva la questione di cercare di dividere, per quanto possibile, il giudizio di chi scrive dall'oggetto del suo studio. ovviamente un dovere deontologico, un orizzonte, irraggiungibile.

per esempio su cuba ognuno che ne parla, secondo me, ne riporta quello che avvalora la propria tesi. chi vuole salvare la cosiddetta esperienza rivoluzionaria, ricorda che l� c'� una forma diversa di distribuzione delle ricchezze. chi sceglie la battaglia per la democrazia non ha dubbi a bollare il regime di castro come dittatoriale. e non si sbaglia, ovviamente.

a me, in questi casi, mi viene da stare un po' al balcone a guardare la rissa. lo ammetto, non � bello. poi dopo, a tradimento, cerco di tirare le fila della questione. vorrei avere tutti gli elementi a disposizione per costruire una visione pi� larga. possibile? o � soltanto la voglia di non "scendere in campo"?... non lo so.
di corsa e da casa: ieri non ho aggiornato il blog. chiedo scusa ai miei numerosissimi (!!) e appassionati lettori. succedono molte cose e in rapida successione in questi giorni. situazione di tensione in radio (futuro, contratti... solite tristezze). da ieri ho una foto di valentina che mi guarda (me lo ha detto lei). me l'ha spedita via mail. cos� quando voglio posso aprirla e credere di poterla fissare negli occhi. perch� per� mi manca ancora di pi�

Tuesday, April 15, 2003

conoscere per deliberare: dice emma bonino. una questione che non so risolvere. cio� credo di dare a chi mi ascolta e mi legge le coordinate giuste per capire quello che dico. ma non � cos�. l'ambiguit�, che fa parte del linguaggio intrinsecamente, spesso con il mio modo di fare e di scrivere aumenta. poi mi dispiace che difficilmente si capisce quello che volevo dire. non parliamo poi di quello che volevo fare...
gita a predappio: un fatto importante. cio� distinguere il pre-giudizio dal giudizio. per giudicare occorre conoscere l'oggetto del proprio giudizio. se il fascismo ha prodotto il conflitto pi� atroce della storia del novecento ci� non toglie che non si debba conoscerlo e studiarlo. oggi su la stampa gramellini.

rossa o nera che sia (in questo caso rossa), l'ideologia resta un virus ben conficcato nel corpaccione della scuola italiana e soprattutto del suo corpo docente. una classe dell'istituto alberghiero di abano terme organizza una gita scolastica in romagna e, oltre alla casa della �cavallina storna� di pascoli, decide per curiosit� di visitare quella natale di mussolini, nonch� la sua tomba a predappio.

al ritorno i reprobi vengono attaccati dagli altri studenti e purtroppo dai professori, che definiscono la gita un �pellegrinaggio� e �una macchia indelebile d'infamia per tutto l'istituto�. i ragazzi difendono le ragioni culturali della loro scelta. sostengono che non si pu� ignorare un capitolo di storia inserito nel programma di studi.
sono forse sfilati a braccio teso davanti al crapone del duce? pare di no. fossero andati a mosca a dare un'occhiata al mausoleo di lenin, qualcuno li avrebbe forse bollati come bolscevichi? pare nuovamente di no.
eppure in sala professori compare un cartello di offese nei confronti dei due insegnanti che hanno avuto l'ardire di partecipare alla gita, si organizzano �interrogatori� per capire da chi � partita l'idea nefasta e qualche alunno �democratico� entra nella classe dei �fascisti� per sostituire la bandiera italiana con quelle palestinese e irachena, ritenute evidentemente pi� meritevoli. ma che futuro avr� mai una scuola che rimuove pezzi di passato, per orrendi che siano, e si vergogna persino di conoscerli?

Monday, April 14, 2003

pero': ogni volta che mi avvicino mi svicola, come una biscia. sicuramente � anche colpa mia. ch� mi manca sempre il tempo (in senso musicale) di attaccare quando dice il direttore d�orchestra.

del resto me lo dicevano sempre al conservatorio. sei bravo, hai anche talento. per� non entri mai al momento giusto. � come se fossi in un mondo tuo. ed � vero.
il piede: quando l'ho vista la prima volta non ci ho pensato. cio� ho notato altre cose di lei. gli occhi prima di tutto. e come mi guardava per lo pi�. io, che in quel momento ero costretto a camminare con un bastone per via di un incidente di calcetto, ero disperato. lei, solo con gli occhi, mi ha ripescato e mi ha riportato su.

dopo, qualche giorno dopo, l'ho ritrovata di fianco a me. anche lei a prendere le cure dei fisioterapisti. per lei un incidente di moto. e l� ho notato il suo piede. meglio: l'arco che disegnava nello spazio. un compasso. che misurava la voglia che avevo io di prenderlo, con la mia mano, stringerlo, e dirigerlo della direzione giusta per farmi passare. dove volevo io.

era teso. verso il basso. a volte anche verso di me. e porca miseria, anche altri l'avevano notato, e lo toccavano. io che ne avevo avuta un voglia terribile non avevo auto il coraggio di farlo. era rimasto un pensiero. fisso e bellissimo.
non sono due capitoli successivi: il vento non c'� pi�. forse lo sentivo solo io stamattina, sulla moto. sono pezzi di un momento che si trasforma. leggi sotto.
infatti: avanti piano. come le pagine di un libro abbandonato per strada in un giorno di vento fresco, come oggi, le mattine si susseguono e le cose si trasformano. un capitolo si chiude e un altro inevitabilmente si apre. non sono sicuro che un'amicizia che si sta rompendo sia arrivata all'ultimo capitolo. ci sono e ci saranno ancora strascichi. valentina, che in questi giorni ho visto ben due volte(!) la sento sotto la pelle. vedremo.

Friday, April 11, 2003

che tristezza: dice di non sapere n� come n� perch� e ti accusa sempre e solo di miseria. miseria. questa parola la tormenta. forse perch� le appartiene in profondit�. io per me non ho alcun problema ad ammettere di essere misero. lo sono in tante cose. nei risparmi, nei rapporti che spesso non so mantenere (come in questo caso). e per� mi sento ricco. perch� mi sono accorto di come sono andate le cose. lei no. mi ha tolto il saluto, e non se lo ricorda. nei giorni precedenti la lite mi ha coperto di insulti, e non se lo ricorda. ma non c'� un po' di sana, vecchia, marxista autocritica? ma basta... per cortesia. quello sono ancora io robba
la caduta del regime iracheno e la fine del fascismo: le tre date della storia italiana in una giornata, il 9 aprile, nella capitale irachena si sono concentrate quelle diverse fasi (questo m'� proprio piaciuto, su la stampa di oggi)

a napoli, scriveva curzio malaparte gi� nelle prime righe della pelle, la liberazione aveva messo in mostra, sempre pi� purulente, piaghe antiche. erano i giorni della �peste�, narrava lo scrittore inorridito con enfasi espressionistica. attraverso quella marmaglia �squallida, sporca, affamata, vestita di stracci� che si accalcava attorno a �torme di soldati� che parlavano una lingua indecifrabile si rivelava un lato sordido dell�esistenza umana incapace di essere trasfigurato persino nei giorni luminosi della liberazione di un popolo. ecco perch� in italia non ci si potr� mai stupire delle scene di baghdad, in cui la gioia della libert� si mescola alle immagini torve del saccheggio e la gratitudine per i �liberatori� si intreccia con le istantanee di un atavico servilismo verso il vincitore. la �peste� della baghdad liberata che ripete, amplificata e macroscopica, quella dell�italia liberata. i giornali, i commentatori, i politici hanno letto la scena di baghdad come una ripetizione di una tragedia tutta italiana. e si sono moltiplicate, non sempre in modo appropriato, le analogie tra le due storie. come interpretare il simbolismo messo in scena nel cuore della capitale irachena. forse con il 25 aprile del 1945? oppure con il 25 luglio del 1943? o con lo sbarco americano in sicilia? oppure come l�8 settembre? troppi richiami in una volta hanno rischiato di stabilire un cortocircuito storico e mentale. l�immagine dei carri armati che conquistano la citt�; la statua del tiranno platealmente abbattuta; le folle che agitano le bandiere dei �vincitori� e si esibiscono davanti alle telecamere smozzicando brevi frasi in anglo-iracheno; le armate di saddam che si squagliano; la fuga del despota e della sua nomenklatura; le folle miserabili che approfittano dell�anarchia; la paura delle vendette e la realt� del linciaggio, come ieri a najaf; la carica disordinata e deplorevole dei voltagabbana. in un�unica giornata irachena si concentra una tale densit� di eventi da richiamare alla memoria italiana episodi diversi, date distinte, momenti, scene differenti. come se attorno al 9 aprile del 2003 a baghdad si condensassero in un�unica entit� il 25 luglio, l�8 settembre, il 25 aprile dell�italia. il 25 luglio del 1943, dopo tre anni di guerra devastante, a un po� di giorni dallo sbarco alleato sulle coste della sicilia, il regime fascista cerca di salvare se stesso attraverso il sacrificio rituale del suo capo e capro espiatorio e di separare la sorte dei gerarchi (assieme a quella della corona) da quelle del duce che li aveva guidati alla perdizione. fu l� che il popolo si sfog� nella distruzione, simbolica e materiale assieme, delle icone del tiranno. come la ciclopica statua di saddam tirata gi� nel cuore di baghdad, nei giorni che seguirono il 25 luglio, la folla italiana che aveva riempito di s� le adunate oceaniche sotto il balcone del duce cominci� a demolire le statue di mussolini, a sfondare quadri e busti con la sua immagine, a cancellare le scritte murali firmate �dux�, a nascondere e incenerire ritratti e immagini del capo del fascismo un tempo esibiti negli uffici e nei tinelli, a cancellare le tracce dei distintivi del partito fascista, a riversarsi nelle strade per vituperare la figura che fino al giorno prima era stata fatta oggetto del pi� grottesco culto della personalit�. a roma come a baghdad? ma alla baghdad del 2003 si sovrappone il ricordo traumatico di un�altra data: l�8 settembre del 1943. e� in questa data che si dissolve l�esercito italiano. l�8 settembre si fissa nella memoria collettiva e nelle storie individuaie come il momento topico della disintegrazione, del collasso, del �tutti a casa�, come recita con una formula destinata a riassumere il significato di quel giorno il titolo del celeberrimo film di luigi comencini interpretato da alberto sordi. le armate che si spappolano, che non riconoscono pi� un comando, che sono abbandonate a se stesse, con le divise nascoste e gettate nel fiume, rappresentano il tratto che pi� di tutte la memoria italiana ha associato alla dissoluzione delle armate di saddam, liquefatte nel giorno della disfatta. ma � solo attorno e dopo il 25 aprile del 1945, la terza data di quel frangente storicamente decisivo della storia italiana, che si ha notizia del tentativo di fuga di benito mussolini, infagottato in un cappotto sformato assieme a claretta petacci, fermato e fucilato, il cui corpo oramai senza vita verr� straziato, oltraggiato e impiccato per i piedi presso un distributore di benzina dalla folla inferocita di piazzale loreto. la stessa piazzale loreto che, come spiega sergio luzzatto nel suo il corpo del duce, diventer� ben presto e ancor oggi resta con indistruttibile continuit� (e persino banalizzato come modo di dire nel lessico corrente) il simbolo del tiranno un tempo amato e poi odiato e vituperato. cos� come, nell�immaginazione collettiva, rester� un tab� inviolato per tanti decenni la spirale delle vendette che seguir� la data della liberazione, segno di un clima di �guerra civile� per lungo tempo rimosso ma non dimenticato. suggestioni e analogie che naturalmente oltrepassano la specificit� dei diversi momenti storici vissuti dall�italia di sessant�anni fa e dall�iraq di questi giorni. ma nella dimensione simbolica dove dominano la persistenza delle immagini, l�automatismo dei ricordi e la sequenza delle emozioni condivise non si conosce l�arte analitica delle distinzioni e delle ovvie differenze. e nelle televisioni di tutto il mondo, la fusione in un�unica, storica giornata di episodi e dinamiche collettive assume uno spessore che inevitabilmente gli italiani sono indotti a riportare alla loro esperienza. perci� non � stravagante che un politico italiano ricordi il 25 aprile, un giornale italiano rievochi l�8 settembre e un altro il 25 luglio: le tre date si confondono e si contraggono in un�unica sequenza ininterrotta. che nei suoi aspetti pi� torbidi forse non aspetta altro che la penna di un nuovo curzio malaparte.

Thursday, April 10, 2003

che bella giornata: lite in vista con: capo qui, amministratore delegato, direttore rr, caporedattore rr. fantastico. famose du risate statue e dittatori, la caduta nel destino

Wednesday, April 09, 2003

i giornali, il giorno dopo, buoni per incartare le uova: dice bordin, il direttore di radio radicale. e ha ragione. cos�, siccome neanche funzionano pi�, ho tolto i link nei post che fanno riferimento ai giornali. ho lasciato solo i titoli. tanto per ricordare l'argomento di cui parlavo.
saluti da marte: a tutti qui � permessa la violenta superficialit� bonaria, il falso sorriso stampato, e non � pericolosa per nessuno l'insicurezza ricoperta di muscoli. e pi� di tutto, qui nessuno dei tuoi pregi e dei tuoi difetti, conosciuti a menadito, se ne fa una teoria. che bello il mondo rosso, governato dai comunisti. vi aspetto numerosi. quello credo di essere io, ieri su robba
colpita la casta, tutti a strillare: come al solito, scusate la crudezza il cinismo e tutto quello che volete. per� ogni volta che qualche giornalista ci va di mezzo, ecco tutti i nostri porporati dell'ordine dei giornalisti gridare allo scandalo, alla violenza dei militari che vogliono zittire la cristallina testimonianza dei nostri straordinari reporter di guerra.

io per me, che faccio questo mestiere e non sono iscritto all'ordine penso questo: che se vai in un posto dove si fa la guerra per strada per prima cosa devi dimenticare il tuo privilegio. cio� come diceva la fantastica gruber ieri: tutti sanno che all'hotel palestine ci sono i giornalisti.

ecco il primo errore che un giornalista non dovrebbe mai commettere: tutti sanno. chi lo dice? cara gruber, pensi che il sottufficiale che ha deciso di tirare contro quell'alto palazzo al suo fianco sia uno che la sera guarda il tuo tg patinato, con le tue corrispondenza condite di foulard svolazzanti?

credo che il sottufficiale abbia deciso di sparare perch� ha visto l�, sul campo delle operazioni, dove lui � esposto insieme agli uomini sotto di lui al rischio continuo della guerra e della morte, un pericolo serio. e si � sbagliato.

questa storia forse ricorda i fatti di genova di due anni fa. subito si cerca di vedere un disegno teso a zittire le "grandi" voci che si levano per testimoniare. nessuno si sforza di cercare di ripercorrere quello "che succede veramente".

Tuesday, April 08, 2003

la storia degli umili: una delle materie che mi appassion� di pi� all'universit� fu la cosiddetta "storia delle mentalit�". cio�, per quello che mi ricordo, la storia non dei trattati politici, delle guerre, delle successioni, ma la storia delle idee e dei luoghi comuni, della diffusione delle leggende. un modo diverso di guardare le cose. quando la storia comincia dalle storie degli umili, oggi su corriere

Monday, April 07, 2003

ho comprato la moto nuova: in tre giorni 500 km. maronna che stanchezza, sono rimasto pure senza soldi. come far�? boh... rifugio ancora nella storia. l�onnipotente dulles: salvate pure il rompiscatole sogno

Friday, April 04, 2003

tutti all'ovra: sempre di gran moda la speculazione sul vero ruolo di uno che � stato grande. la tentazione � sempre quella di dire: le cose non andarono veramente cos�, ma in un altro modo. �un piccolo esercito� gli scrittori e artisti spie del regime. oggi su la stampa

Thursday, April 03, 2003

marzo 1944: �la marcia del tenente ciampi� su la stampa. la storia si fa anche cos� e cio� con i racconti dei testimoni autorevoli.

Wednesday, April 02, 2003

la guerra costringe ad attaccare o a difendersi: �sempre e comunque a stare in campo, ad abbandonare gli spalti, a proteggere persino il diritto che ti d� il tuo paese ad essere pacifista�. francesco merlo sul corriere

il pacifista va al fronte (se la pace non c�� pi�)

il reverendo morrison era un cristiano che si batteva contro la guerra. ma non appena � scoppiata la guerra, morrison ha smesso di predicare la pace, e si � schierato con l�esercito inglese, con il suo esercito. morrison rimane ovviamente un buon cristiano. egli non pensa infatti che dio stia con gli inglesi: �non � certo un proposito di dio far vincere un popolo in guerra�. anzi morrison dice che �dio � dio di entrambi gli schieramenti�, ma prega e lavora �perch� dio aiuti la gente e il mondo a rimanere umani, pienamente umani, nella pi� disumana delle condizioni�. e per morrison �� disumano, � un cancro, il regime corrotto e assassino di saddam�. anche se, aggiunge, �io sono sicuro che dio piange ogni volta che muore un iracheno�.
pi� va avanti la guerra, e pi� diventa guerra anche il pacifismo. e non solo in inghilterra, dove appunto il parroco sessantenne di burghill non scrive pi� sul giornale parrocchiale che �una guerra contro l�iraq diffonder� l�odio per molti anni a venire�; ora invece scrive che �la nostra societ� � in guerra, e dunque nessuno pu� lavarsene le mani e non prendere parte�. bench� di segno opposto al parroco inglese, anche in italia alcuni pacifisti, come sergio cofferati o come giovanni berlinguer, si sono contraddetti e si sono sorpresi a desiderare non pi� la pace �senza se e senza ma�, ma al contrario una guerra lunga, molto lunga.
il prete jimmy morrison, che aveva pregato per anni �affinch� dio desse forza all�onu�, � un pacifista che contraddice se stesso perch� l�importante per lui non � pi� la pace, �ma che vincano gli inglesi ed estirpino l�infezione saddam�. in modo eguale e contrario anche i pacifisti italiani contraddicono se stessi perch� l�importante per loro non � pi� la pace, ma che non vincano i padroni (del mondo).
ebbene, l�idea che il pacifismo si faccia guerra � un�idea molto migliore di quanto sembri a prima vista, perch� � una idea sincera, un�idea che demistifica gli espedienti e i falsi intendimenti, � soprattutto un�idea che rivela: quando scoppia la guerra finisce la pace, quando c�� la guerra anche il pacifista combatte, la guerra costringe ad attaccare o a difendersi, sempre e comunque a stare in campo, ad abbandonare gli spalti, a proteggere persino il diritto che ti d� il tuo paese ad essere pacifista.
davvero esemplare � dunque la vicenda di questo reverendo morrison, un uomo di pace che conosce bene gli orrori della guerra, ne ha misurato la terribile forza distruttiva, il suo immenso dolore, perch� � stato per sei anni il cappellano delle sas, le famose forze speciali inglesi, anche durante la guerra del golfo: �sono stato addestrato a sopravvivere�. per anni il reverendo ha sperato che saddam fosse cacciato via, poi ha pregato perch� l�invasione dell�iraq fosse fermata, perch� la politica prevalesse sulle armi: �ma adesso che ci siamo, tra il bisturi e il cancro, non posso certo scegliere il cancro�.
il reverendo ha parlato alla radio, nella popolare trasmissione del mattino �il pensiero del giorno�: �molta gente considera le armi ripugnanti. ma un coltello pu� essere un�arma ripugnante in un dato momento e un bisturi chirurgico in un altro. la violenza, che � comunque orribile, pu� diventare scusabile. in iraq c�� un regime assassino che sta distruggendo il paese e le vite dei suoi abitanti, e che � pronto a infettare il resto del mondo. lo sforzo militare � uno strumento di chirurgia�. il reverendo morrison ha commosso gli inglesi e li ha pure divertiti sostenendo tuttavia concetti forti, profondi, complessi. ex insegnante universitario, prete da quando aveva trent�anni, morrison ha spiegato che �la bibbia non � un testo pacifista�, ma � la grandiosa storia di una guerra, della guerra di liberazione contro i faraoni, e che mai nel nuovo testamento i soldati dicono ai soldati di non essere soldati, e che il comandamento pi� citato di questi tempi �non uccidere� se fosse ben tradotto dall�ebraico suonerebbe cos�: �non assassinare�.
intervistato dai giornali morrison � diventato, nel suo piccolo, una metafora dell�inghilterra, che prima dell�invasione era contro l�invasione e adesso, sempre di pi�, si stringe attorno all�esercito e a tony blair. e� il pacifismo che mostra la sua autenticit�, il pacifismo che si divide e si schiera con le forze in campo. anche se nessuno dovrebbe farlo nel nome di dio: �il fatto � che siamo in guerra. e quando vedo la gente che ancora dimostra contro la guerra io penso che si prendono il lusso di essere pi� santi di me�.

Tuesday, April 01, 2003

revisionare la storia: un sogno costante. la nuova garzantina di pierluigi battista su la stampa

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