“Compagni” contadini, fatevi un po’ più in là. In Cina è vita sempre più dura per chi viene dalla campagna. Tutto è cominciato come un esperimento in una scuola media di «frontiera» di Wuhan, Cina centrale: l’istituto «Decai», al confine tra città (oltre sette milioni di abitanti) e risaie. All’inizio dello scorso anno scolastico, il provveditore ha autorizzato il preside a formare otto classi per soli «figli di contadini» separati per la prima volta nella storia moderna del Paese dai «figli dei cittadini ». I risultati, con le lezioni appena terminate, sono stati giudicati soddisfacenti, tanto che da settembre saranno dieci le scuole, nella metropoli che si affaccia sul medio corso del fiume Yangzi, a creare classi separate a seconda della provenienza dei nuovi iscritti: contadini da una parte, cittadini dall’altra. La notizia, data con risalto dal Beijing Chenbao, quotidiano del mattino di Pechino, ha creato non poche polemiche: genitori che hanno telefonato per protestare; studenti in lacrime per quella che è stata giudicata una vera e propria «umiliazione»; politici locali che hanno bonariamente commentato: «È stata presa una decisione sbagliata partendo comunque da buone intenzioni ».
l provveditore, il professor Xie, dimostra sangue freddo di fronte agli attacchi. «Qualunque esperimento—ha spiegato — suscita controversie, è normale: altrimenti che bisogno ci sarebbe di trovare nuove soluzioni?». Ma le «contraddizioni in seno al popolo»,come sarebbero state definite in un’altra epoca, potrebbero avere conseguenze inaspettate e dirompenti.Non solo aWuhan, città che pure, nei suoi 298 istituti scolastici, ospita qualcosacomecentomila studenti provenienti dalle aree rurali.
In Cina ci sono 800 milioni di contadini su un miliardo e trecento milioni di abitanti: che senso ha una politica che porta alla separazione fisica nelle scuole fondata sull’origine degli studenti? Xie confida nell’esperimento. «La verità — dice —è che vogliamo promuovere l’integrazione e diminuire le discriminazioni».
Con classi così distinte? «I figli dei contadini, quando arrivano in città, si confrontano con una realtà molto dura per loro: non parlano la lingua dei loro compagni (nelle campagne si usa per lo più il dialetto, ndr), hanno molte lacune nell’istruzione. Alla fine matura in loro un senso di inferiorità nei confronti dei compagni. Noi insegnanti dobbiamo invece garantire autostima, fiducia nelle loro capacità di migliorare».
Ecco perché, continua il professor Xie, in attesa «che siano all’altezza, li separiamo, convinti che presto potremo nuovamente integrarli con i ragazzi di città». (fonte: corriere.it)
Thursday, July 20, 2006
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