Sunday, July 11, 2004

ambrosoli: (non e' quello del miele) raccontato da geminello alvi.

l'11 luglio del 1979, durante la cena di ambrosoli con gli amici alla trattoria di via terraggio, c'era il sollievo di chi finalmente siera tolto un peso. dopo tre giorni di onesta calma e furie del dettaglio, aveva finito di spiegare ai giudici americani i contorti imbrogli di sindona. la mattina dopo gli sarebbe solo restato, a lui, il commissario liquidatore della banca privata italiana, di firmare la sua testimonianza. e quella sera allora con gli amici in casa, per vedere in tv liincontro di boxe tra i massimi righetti e zanon. riaccompagnati gli ospiti poi gli tocco' di rincasare solo sulla sua alfetta blu, che c'erano ancora pochi minuti a mezzanotte. "lei e' giorgio ambrosoli?". ebbe il tempo di rispondere si' e arrivarono i colpi di pistola. inutile il girarsi; si trovo' crollato sul marciapiede ma con le gambe dentro l'auto, incredulo a rantolare sulla camicia intrisa di sangue e la carne smembrata sopra il cuore. mori' e c'erano l'indomani le foto sui giornali di quel viso stempiato, da persona per bene. lo stesso che il 14 luglio nella chiesa di san vittore avevano negli occhi i figlioletti che guardavano muti a terra e il governatore della banca d'italia paolo baffi. tra i primi ad arrivare si tolse cupo gli occhiali e, discreto lombardo, scelse le ultime file, impietrito. del governo andreotti nessuno...
verso l'una del giorno prima quando al telefono un giornalista gli chiede una dichiarazione, sindona dall'hotel pierre di new york intanto fa le smorfie, s'irrita, tronca il discorso. male e menzogna oltre certe misure pervertono la mente, riducono a marionette. il sindona che si muove a scatti, in arcaica farsa, e' gia' quello del falso rapimento inventato appena un mese dopo. e poi a ripensarci non si riuscira' a prendere sul serio, neppure il caffe' al cianuro di cui anni dopo morra', come in una recita sventata. non e' piu' il sindona che, freddo, ancora sperava da ambrosoli una firmetta. sarebbe bastato che l'avvocato non si opponesse "a un accordo tendente a provocare un intervento pubblico per sanare i debiti di sindona". e a roma si sarebbe trovato chi poteva aiutare. come del resto gia' stava aiutando chi faceva perdere, per ministeri, la documentazione per la sua richiesta di estradizione. era la roma della p2, dei parenti in vaticano, dei palazzinari, del delitto pecorelli e soprattutto del "se po' fa" democristiano. in essa sindona confidava, prima che della cosa siincaricasse un killer. certo non era la roma laica, di la malfa, il ministro del tesoro, che confortato da cuccia, blocco' l'aumento di capitale finanbro e rovino' la catena di sant'antonio di sindona. e neanche era quella di baffi, costretto sempre nel 1979, a marzo, davanti ai giudici urlanti e quindi "all'atto piu' avvilente" della sua vita, firmare la lettera di sospensione di sarcinelli in carcere.
se si e' leali alla sua memoria, nel ricordare adesso ambrosoli si dovra' pur dire anche questo. in quella storia cupa e purtroppo italianissima non ci fu solo sindona o liagire leale da persone per bene di ugo la malfa e del governatore baffi. sindona lui recito' certo la farsa grottesca del suo male. come spiegava lo stesso ambrosoli "il primo dei suoi tre errori e' che si e' creduto un gran finanziere internazionale". ma suppli' pure alle carenze di nozioni e morale, con amicizie e interessi combinati, che trovarono delle sponde anche in quel romano "si puo' fare". poi processati i romani illustri risulteranno infine innocenti e per la legge lo sono anche. ma, siano palazzinari o decrepiti dc o banchieri, si perpetuano: materia colloidale tepida, celebratrice del "se po' fa". per il gran lombardo ambrosoli invece non si poteva fare e basta. e a uomini cosi' liitalia deve il suo meglio. percio' una targa che ce lo ricordi la' dove mori' proprio ci vorrebbe.

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