questo il rischio: di sergio romano, oggi sul corriere. �fra l'america e l'europa volano parole grosse. gli americani sono imperialisti, unilateralisti, arroganti. gli europei sono scaltri, inetti, codardi, ingrati. escono dai vecchi cassetti i pi� triti e sprezzanti stereotipi del passato. visti dall�europa gli americani sono cowboy, gangster, giustizieri; visti dagli usa, i francesi sono mangiatori di rane e di formaggio, i tedeschi sono �teste di crauti�, i pacifisti delle piazze europee sono smidollati piagnoni. in ambedue i campi vi � chi soffia sul fuoco pescando nel grande magazzino della storia tutti gli aneddoti da cui si possa desumere che le differenze sono antiche e fondamentali. la scarsa considerazione di roosevelt per i francesi o i dissensi fra churchill e de gaulle vengono utilizzati come munizioni per infiammare le polemiche. espresso in termini morali e ideologici, il dissenso rischia di trasformarsi in una guerra delle culture. temevamo uno scontro di civilt� fra l'occidente e l'islam, ed ecco che lo scontro di civilt�, paradossalmente, scoppia anzitutto nel campo atlantico. questo scambio di invettive ha oscurato i termini della questione. se vogliamo evitare che il dissidio diventi divorzio dovremmo scendere dal piano degli stereotipi culturali e delle spiegazioni generiche a quello degli interessi reali e delle analisi politiche. anzich� accusare gli americani di arroganza imperiale, cerchiamo piuttosto di spiegare agli usa le ragioni per cui l'europa (anche quando i suoi governi hanno adottato, per ragioni di convenienza politica, posizioni diverse) diffida di una nuova guerra irachena. eccone alcune.
francesi e tedeschi, ma non solo loro in europa, non hanno dubbi sulla natura della dittatura di saddam hussein, ma non credono che il suo regime rappresenti una minaccia immediata e pensano che possa essere controllato con altri mezzi. sono convinti che il terrorismo sia un pericolo contro cui europa e america devono lavorare insieme, ma non credono che fra saddam e osama vi sia un rapporto organico. sanno che saddam ha violato le risoluzioni del consiglio di sicurezza, ma credono che una guerra americana senza l'avallo dell�onu darebbe all'organizzazione un colpo mortale. la pi� forte preoccupazione europea, del resto, � un'altra. se fosse invitata a dire quale crisi (quella palestinese o quella irachena?) sia pi� grave per il futuro della regione, la maggioranza non esiterebbe a indicare la prima. e aggiungerebbe che la guerra rischia di rendere la pace fra israeliani e palestinesi ancora pi� lontana.
esistono altre ragioni. per l'europa, il medio oriente � un vicino di casa da cui oggi, purtroppo, arrivano soltanto petrolio, immigrati e terroristi. per controllare la situazione e contenere i danni gli europei, tra l'altro, hanno incoraggiato l'evoluzione democratica dell'iran, il recupero del libico gheddafi e del siriano assad, lo sviluppo economico del nord africa. non � molto, ma � la sola politica possibile. se vi sar� una guerra, l'europa perder� qualsiasi influenza e la sola potenza dominante del medio oriente sar� l'america. ma gli effetti negativi del conflitto (crisi energetica, terrorismo, rifugiati) ricadranno anzitutto sull'europa.
so che gli americani potrebbero opporre a ciascuna di queste preoccupazioni argomenti diversi. e credo che a questi argomenti occorra prestare ascolto. ma le preoccupazioni di gran parte dell�opinione pubblica europea sono reali, non sono animate da pregiudizi antiamericani, non hanno nulla a che vedere con il pacifismo dogmatico e non possono essere liquidate con vecchi stereotipi culturali. se vogliamo evitare che i rapporti euro-americani diventino il primo �danno collaterale� della guerra irachena, da qui, prima o dopo, occorrer� ripartire�.
Friday, February 28, 2003
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