quelli del tanto peggio: di giuliano zincone, corriere.
con un articolo del direttore, riccardo barenghi, il manifesto (�quotidiano comunista�) recupera il suo ruolo tradizionale di coscienza critica della sinistra. la domanda di barenghi, rivolta al popolo pacifista, � molto semplice, in apparenza: �che cosa speriamo per l�iraq, una guerra breve o una lunga, feroce battaglia?�. il pacifista puro e semplice non avr� esitazioni: non si deve combattere, non si deve uccidere, e basta. ma le bandiere arcobaleno che sventolano da molti balconi (compreso il mio) nascondono motivazioni diverse.
e barenghi mostra onest� e coraggio, quando sollecita una risposta dalla sua sinistra, che, come egli afferma, �non ha alle spalle una storia e una cultura pacifista�.
negli immensi cortei che attraversano le nostre citt�, garriscono emozioni variegate e (forse) inconciliabili. il vessillo del guerrigliero professionista che guevara, per esempio, non ha niente a che vedere con la pace, anche se evoca un misterioso slogan degli anni sessanta: �guerra no, guerriglia s�. l�ambiguit� di un certo pacifismo, del resto, � ben nota: nelle nostre piazze si gridava �pace in vietnam�, ma anche �vietnam vince perch� spara�, poi quelli che volevano il �cile libero� si scontravano con i militanti che invocavano il �cile rosso�.
la guerra in iraq alimenta molte ipocrisie e molte contraddizioni, a partire da quelle che riguardano la concessione delle nostre basi militari. come si fa a sostenere che i paracadutisti americani partano da vicenza per eseguire missioni di pace? e perch� mai dovremmo sostenerlo, quando l�alleanza con gli usa ci induce (come minimo) a non essere ostili?
sui giornali e nei talk show televisivi, assistiamo a rinfacci miserabili. la destra accusa i pacifisti di essere succubi di saddam e (addirittura) �fascisti rossi�. la sinistra sostiene che gli avversari bellici della dittatura irachena siano semplicemente �servi di bush�. e� normale che, in tempo di guerra, si esasperino i sentimenti e le emozioni. la guerra breve (e il trionfo angloamericano), egli sostiene, eviterebbero il perpetuarsi della carneficina. la guerra lunga impartirebbe una dura lezione al pentagono, e indurrebbe gli americani a rinunciare al loro proposito di impadronirsi dell�intero medio oriente e dell�intero pianeta, scatenando una sequela invincibile di �guerre lampo�.
le posizioni dei pacifisti sono diverse, almeno quanto i colori delle loro bandiere. c�� (perch� negarlo?) chi detesta sempre e comunque gli americani. c�� chi non capisce perch� mai l�accusa di �antiamericanismo� sia un insulto, poich�, in una societ� liberale, non sembra illecito criticare anche alcuni comportamenti degli alleati. c�� chi ritiene che il papa, strenuo avversario della guerra, non sia un estremista di sinistra. c�� chi non capisce il motivo di questo conflitto, perch� non crede nell�amicizia tra saddam e osama, perch� non pensa che le �armi di distruzione di massa� siano pi� pericolose di un semplice dirottamento aereo, n� di un kamikaze fanatico. ci sono, infine, i cittadini non ideologizzati che temono una diaspora del terrorismo, frutto avvelenato dell�umiliazione e della frustrazione islamica. riccardo barenghi, sul manifesto , parla soltanto con i suoi lettori, aggredisce le contraddizioni della sinistra. ma la sua domanda � anche la nostra. che cosa vogliamo, una guerra lunga, o una guerra breve? la mia risposta � molto semplice: breve, brevissima. cio�: finiamola subito. non voglio pi� vedere nemmeno un morto. mi fanno pena i civili, ma anche i militari.
Saturday, March 29, 2003
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