Friday, February 25, 2005

laici, cattolici e credenti silenziati: tener conto della frattura tra laici e cattolici può essere una buon metodo per interpretare la storia italiana degli ultimi due secoli. fin dai momenti di porta pia le forze in gioco nella battaglia politica si sono divise nei due fronti: quello dei laici e quello dei cattolici. da una parte chi voleva fare l’italia, dall’altra invece il papa, che voleva conservare lo status quo. i laici, che sul finire dei confitti che hanno incendiato il paese nella seconda metà dell’ottocento prendevano a piene mani dalla risorsa ideologica dell’anticlericalismo, dall’altra il clero papalino romano, sclerotizzato e conservatore che aveva consegnato l’imposizione del proprio potere nelle mani di mastro titta, che tagliava teste senza tregua fino a poche settimane prima di porta pia, un clero che si rifugiava nella irriducibile difesa del temporalismo. e però basta andare a leggere le biografie di alcuni dei protagonisti del risorgimento per rendersi conto che molti di questi personaggi venivano dal mondo cattolico. come sull’altro fronte per interessi diversi si ponevano gruppi di origine non direttamente clericale. insomma il "non possiamo non dirci cristiani" di benedetto croce serve per capire che la cesura tra laici e cattolici è esistita ed esiste ma si organizza in modo diverso rispetto ai periodi e alle circostanze in cui essa si manifesta.
spesso infatti, e con il passare dei decenni lo si vede sempre di più, il popolo dei cattolici, quelli che marco pannella chiama i cattolici silenziati, ha cominciato ed esprimere sempre di più l'esigenza di una vita quotidiana orientata intorno ad una prassi di laicità nella sua sostanza. cioè i cattolici riservavano la loro fede ad uno spazio non immediatamente politico, ma più intimo anche se non privato. non privato appunto della possibilità di esprimersi come tratto identitario di gruppi e comunità, ma che non si trasformava in prassi politica precisa. in questi termini, torna d’attualità l’affermazione del filosofo morale pietro prini che afferma: "io sono laico non a dispetto della mia fede, ma proprio perché sono credente", proprio perché "nell'era moderna la laicità, laddove il suo sviluppo è logicamente coerente, può trovare sviluppo come forza liberatrice nell'ambito delle idee cristiane e insieme trovare in esse profonda motivazione".
esistono altri episodi oltre al risorgimento che possono dar conto di quanto detto sopra. la stessa storia del pci ha ad esempio dimostrato come i cattolici non possono essere identificati in modo definitivo nei partiti di tradizione ed espressione cattolica. la rincorsa di togliatti nei confronti dei credenti è testimoniata da vari episodi: a partire dal voto a sorpresa a favore dell’art.7 della costituzione, che sanciva la costituzionalizzazione dei patti lateranensi, per arrivare alla risposta che lo stesso togliatti dava a marco pannella nel 1959, quando quest’ultimo aveva rivolto un appello alla sinistra italiana per ricostruire una politica organizzata attorno ad obiettivi laici.
insomma il tema della laicità dello stato rispetto alle istanze del mondo cattolico si impone con forza. il pericolo del laicismo sta nel cadere nella condanna tout court della religiosità, mentre nel mondo dei nostri giorni sono solo i radicali di marco pannella a raccogliere l’eredità dell’anticlericalismo religioso: un anticlericalismo che non si propone di annullare la religione e nemmeno chiede ai religiosi di non cercare proseliti tra credenti e non. uno dei cardini dell’anticlericalismo pannelliano sta nel pensare ad una quasi irriducibilità della politica alla religione, l’una non può essere sciolta nell’altra. un po’ come l’acqua e l’olio. possono coesistere nello stesso recipiente, ossia nei discorsi nelle mentalità delle persone, ma conservano ambiti diversi e l’una non può e non deve diventare strumento dell’altra.

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